mercoledì 30 gennaio 2008

sputare

giudizio: chi ha dentro amaro, non può sputare dolce.
Sputare, si sa, non è mai una bella cosa, sia che si sputi nel piatto in cui si mangia sia che si sputino sentenze o veleno. Oppure, più semplicemente, che si sputi per davvero, mandando fuori per bocca. Solo sputare sangue o un rospo spinge a compassione. A parte una breve fase adolescenziale, tipicamente maschile, nella quale chi riesce a sputare compatto, lontano e con precisione è degno della riverenza assoluta di chi gli sta attorno, in età adulta il gesto è disdicevole. Anche in caso non lo si faccia apposta e si alternino parole e sputacchi nell'enfasi del discorso. Oggi, pare sputino solo gli immigrati, cinesi in rilevanza, il gesto è ritenuto del tutto superato e demodé, causa anche la scomparsa del tabacco da masticare. Non era così, naturalmente, un tempo: sui tram di Milano esiste ancora l'avviso di non sputare (sputavamo nei tram!), come in alcuni luoghi pubblici, e la sputacchiera nei bar è una nostra, disgustosa memoria non ancora troppo lontana. A margine, chi la svuotava?
Oggi l'atto dello sputazzo, non a perdere ma contro un avversario, è ancora praticato in luoghi ad esso adibiti: lo stadio e il parlamento. L'elemento determinante è questo: lo sputatore non è solo, fa parte di una squadra di calcio o di un partito o di una corrente di partito, ed esprime il suo incontenibile disprezzo sullo sputato, che a sua volta è - di solito - l'espressione di un'entità collettiva. Nel calcio, si può sputare all'arbitro, atto quasi legittimo, o a un avversario ma mai, mai!, contro un compagno o sulla maglia della propria squadra. In parlamento, al contrario, lo sputo contro un avversario è quasi scontato, molto più interessante e valoroso sputare contro un compagno di partito, reo di sconce nefandezze. Comunque vada, lo sputatore troverà sempre una qualche forma di consenso, anche sussurrato o dissimulato. In generale, poi, è sufficiente raggruppare un buon quantitativo di maschi in un luogo angusto perché, prima o poi, parta uno sputo. Nella Smorfia napoletana, sognare sé stessi mentre si sputa equivale al numero 84 e rappresenta la prospettiva di un lavoro molto faticoso. Sognare di ricevere uno sputo, il 13.
In definitiva, resta la nostaglia per i bei tempi in cui ci portavano allo zoo ad ammirare il lama, l'unico, vero, altezzoso sputatore per natura. Che invidia.

2 commenti:

trofimov ha detto...

Il sottoscritto ha problemi anche solo a soffiarsi il naso con opportuno fazzoletto - e più in generale per ogni esternazione di umori o altro - senza provare un certo imbarazzo. Ma partendo dall'assunto che la necessità di un divieto presuppone l'esistenza della pratica vietata, anch'io mi son sempre chiesto in quale età barbarica ci fosse mai l'usanza di sputare sui mezzi pubblici. Da sottolineare peraltro l'incongruenza dello sputatore parlamentare che, a giustificazione del proprio gesto, portava l'offesa arrecata dallo sputato a presunti valori traditi, cui forse intendeva ricondurlo attraverso le proprie secrezioni salivari.

gnappolo ha detto...

Lo Sputo è orribile e schifoso, sempre, come tutte le cose prodotte da altrui, che immagini o vedi. Lo Sputo come prodotto è schifoso e volgare (e per fortuna oggi è un uso quasi scomparso).
Sputare è schifoso (anche se sei capace) ma un po' meno orribile, come tutto ciò che ti nasce dentro. E a volte è quasi una necessità (d'inverno mentre corri...), e urgenza ed eccezionalità potrebbero giustificarne la sopravvivenza. Il problema, in effetti non sarebbe tanto il gesto, ma è il prodotto, la sua insurrogabilità, la sua immanenza.
Ma se c'è una cosa che mi fa andare in bestia è chi dice "non l'ho sputato" (a qualcuno), che è errore e anche paradosso. Linguistico, parlamentare, comportamentale, storico. E purtroppo, in quanto tale, ancora molto ben radicato e (temo) non eliminabile dalla nostra società...

 
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