giovedì 15 novembre 2007

Il botto con lo svizzero.

giudizio: almeno uno ogni tanto.
Un paio di giorni fa stavo viaggiando sul mio cavallo metallico, la motoscurreggetta, per tornare a casa. Cuffiette nelle orecchie (non fate quella faccia, lo so che non si dovrebbe, ma quasi un'ora di viaggio me la dovrò pure fare passare), me ne andavo tranquillamente per le vie di Milano. Due auto davanti a me, la prima frena bruscamente e la seconda di conseguenza. Anche io pinzo le ruote ma, purtroppo, quella dietro si blocca e, scivolando sull'asfalto, vado addosso all'auto davanti a me. Nulla di grave, anche perché sono riuscito a parare un po' il colpo appoggiandomi con la mano. Ma un piccolo botto c'è stato. L'auto davanti a me si ferma e io pure. Scendo dallo scuter sperando che l'autista sia una persona tranquilla, notando che la targa è svizzera. In effetti ci salutiamo con un pacifico buonasera e constatiamo i danni. Il mio scuter non ha nulla, mentre l'auto ha un piccolo gibollo e un paio di segni che, però, vengono via semplicemente leccando la carrozzeria. Chiedo allo svizzero cosa vuole fare e lui propone: "mi dai i tuoi dati, io faccio riparare il danno e ti mando il conto". Forse lui ha un amico che, per una modica cifra e con un coltellino svizzero, gli sistemerà l'auto, ma a me non pare una grande idea e vado a proporre una constatazione amichevole.
Prima espressione stercofatta dello svizzero. Gli leggo negli occhi persi nel vuoto che non sa di cosa stiamo parlando e, allora, glielo spiego.
Seconda espressione ancora più stercofatta dello svizzero. Vedo chiaramente nel suo sguardo la preoccupazione di affrontare l'odissea di pratiche da sbrigare con un sistema italiano che, evidentemente, lo terrorizza. Ma lui è svizzero e mantiene una civilissima calma, mi stringe la mano e dicendo "la vita va avanti", se ne va.
A questo punto lo sguardo stercofatto viene a me. Siamo a Milano, perdio, qui siamo dei pazzi furiosi e, in realtà, dovrei inseguirlo subito, sorpassarlo a destra e mandarlo affanculo. Ma non lo faccio e, anzi, avrei dovuto offrirgli una bella cioccolata calda. Bisognerebbe sempre avere a che fare con gli svizzeri in queste situazioni. Quanto sono bravi gli svizzeri e come cantano bene.

lunedì 12 novembre 2007

Romanzo “à la Lansdale”

giudizio: maneggiare con cautela
Prendete: un protagonista bianco, con alle spalle una delusione amorosa, emarginato dalla vita, ma con uno spiccato senso del dovere, meglio se dedito all’alcol; una femme fatale conturbante, dalla forte carica sessuale, ma con una spiccata propensione al raggiro del Nostro; uno (o meglio due) killer efferati, privi di scrupoli, sadici e dalla forza sovraumana; una spalla (un parente o un miglior amico) che debba ficcarsi nei guai, o aiutare il nostro a uscirne. A piacere aggiungere un
pizzico di tutore della legge razzista e un pugno di comprimari, brillanti o inetti alla bisogna. Ponete il tutto nel caldo umido della provincia reazionaria del Texas orientale. Infarcite con linguaggio scurrile (ma, in verità, mai fine a se stesso), dettagli raccapricianti sulle pratiche del/dei killer di cui sopra, abbondanti dosi di sesso. Lasciate a rosolare in dialoghi serrati quanto efficaci, per 200 pagine circa. Avrete così pronto un romanzo à la Lansdale. Per carità, se piace il genere pulp, è davvero gustoso e “va giù che è un piacere”.
Però, anche mangiare aragosta tutti i giorni alla lunga un po’ stufa…

recensionilibri.com

giudizio: volevo azzannare e poi mi sono confuso.
Oggi, siccome ho voglia di provare nuove sensazioni, ho optato per un ardito tentativo: la recensione di un recensore, passando per la recensione di recensioni. Cercando di non confondermi e incautamente recensire me stesso.
Ho inquadrato l'obbiettivo: recensionilibri.com. Chiunque abbia comprato un dominio così deve sentirsi abbastanza sicuro di quello che fa e pronto a esporsi alle critiche. Eccomi.
Prima, però, una doverosa premessa: caro recensore di recensionilibri.com, chiunque dedichi il proprio tempo libero a leggere e, di conseguenza, a recensire, condividere e consigliare libri senza alcun profitto o interesse materiale, ha tutta la mia ammirazione a prescindere da quello che scrive (o da quello che legge). Dunque, bravo.
E ora, nel merito. Superata la dichiarazione di intenti ("Questo sito è dedicato a romanzi e racconti forti, che attaccano decisi e non fanno prigionieri, rubano l'anima e la trasportano in un altro Universo, non mollano la presa fino all'ultima pagina"), mi trovo di fronte a un indice alfabetico per autore, dal quale comprendo di trovarmi di fronte, sostanzialmente, a un lettore vorace di fantascienza, fantasy, giallistica e di romanzi di guerra. Ma non solo. Noto che una buona parte delle recensioni sono costituite, di volta in volta, da un solo aggettivo. Sintetico. Procedo. Comincio a prendere le misure sui parametri di giudizio del sito: i romanzi di P.D. James vengono definiti "carini", quelli di Benni "divertenti", Storie del tempo immobile di Vecchioni viene definito, in una parola, "interessante". E a questo punto, comincio ad affilare i canini, visto che la recensione (?) di Vecchioni è identica a quella di Gente di Dublino di Joyce: "interessante". Eh no, non vale, già di per sé la recensione monoverbo non aiuta, ma assimilare i due paro paro mi disturba non poco. Passando alle recensioni complesse, corro via dal Jack Frusciante di Brizzi ("E’ fondamentalmente la storia di un grande amore. Molto bello e romantico"), scanso Oceano mare di Baricco ("Un romanzo che forse non ha molto senso ma può far riflettere"), questa frase non ha senso..., scivolo sull'epigrafica recensione di Un caso bruciato di Graham Greene ("La storia di un rapinatore sfortunato") e mi smalto definitivamente, basito, sul giudizio dato al Dostoevskij de I demoni: "Un po’ una palla, ma attraverso le diverse vicende raccontate dà sicuramente una buona visione di cosa poteva essere la Russia prima del Comunismo". Santoddio, questo può valere per qualunque scritto russo antecedente al 1917, compreso il "un po' una palla"... Mi tocca mollare un po' la recensione e comunicare direttamente: caro recensionilibri.com, sei sul pericolosissimo crinale della critica di gusto, di per sé del tutto inutile se il recensore non possiede un'autorità propria, derivante da meriti sul campo e riconosciuta dagli astanti. Lo so che son tempi difficili, a maggior ragione per i lettori e i recensori, come dici tu nel pezzo sull'Odissea: "un racconto affascinante che (...) ritrae un'età dell'oro della storia in cui gli uomini (...) sanno mantenere una spiritualità, un senso della nobiltà e del religioso che non possono non destare ammirazione e nostalgia, soprattutto se confrontati con il vuoto di valori e riferimenti dell'età attuale", anche se tutto questo suona vagamente reazionario; lo so che in discoteca si fa fatica ad abbordare una gnugna parlandole di un libro appena terminato, son tempi durissimi, lo so, ma tieniti su, parla in prima persona e dimentica le quarte di copertina (dal tuo Spencerville: "Un amore di gioventù può resistere al tempo? Per i protagonisti di questo romanzo, un ex militare messo a riposo dai servizi segreti alla fine della guerra fredda ed una casalinga di provincia, sembra di sì"): non devi venderli al maggior numero possibile di persone, devi divertirti a raccontarli, senza tema, se no non vale. Come hai fatto, per esempio, con Glamorama di Ellis: "... all’ultima pagina, dopo aver letto camionate di sconcezze ed aver perdonato centinaia di discontinuità narrative, si capisce che l’autore al momento della scrittura dell’“opera” doveva essere sotto l’effetto di uno qualunque degli stimolanti che i suoi protagonisti regolarmente assumono. Se questo è un romanzo io sono Bob Dylan".
Probabilmente molti potrebbero pensare che tu sia Bob Dylan. Io no.

 
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