mercoledì 12 novembre 2008

Il Premio Chiara

giudizio: un gioiello da rivendere?
"Nella nostra piccola città, allora ancora più piccola di oggi ma tanto più gradevole e umana, al tempo in cui cominciavo a viverci per un numero imprecisabile ma ormai stragrande di anni, cioè intorno al 1936, viveva già il commendatore Adamo Chiappini, un tenore in ritiro che i competenti di opera lirica ricordavano come una promessa, in parte mantenuta, del bel canto italiano". E' l'incipit di "Le corna del diavolo", uno dei tipici racconti di Piero Chiara: il lago di Como, il biliardo, la lirica, le storie e le figurette di provincia, un adulterio e qualche peccato veniale sono gli argomenti ricorrenti di molti dei suoi racconti. E il racconto breve, amaro, nostalgico e un po' stralunato, è la misura di Chiara, come lo è di molti suoi contemporanei e conterranei, penso a Buzzati per esempio o a un versante di Calvino.
Poco dopo la sua morte, il comune di Varese organizzò un concorso letterario a lui intitolato e a sua memoria, concorso che vive e vegeta tuttora. Sebbene il comitato d'onore del premio sia piuttosto infarcito di bauscia e nobilazzi locali (Mondadori, Albertoni, Missoni, Archinto, Crespi, Panza di Biumo eccetera), il fatto che il concorso preveda una giuria popolare rende onore all'iniziativa e alla memoria dello scrittore. Tra i vincitori del passato segnalo Piumini e Lodoli.
In generale, poi, i premi letterari hanno un significato di per sé se, uscendo dai salottini mondani intrisi di liquorini, riescono ad aiutare autori validi ad emergere e, soprattutto, a campare con dignità e un poco di soddisfazione. Per questo motivo, l'istituzione di una "sezione Giovani" nel 1998 sarebbe da salutare con favore. Sebbene scorrendo l'elenco dei passati vincitori in erba io non riesca a scorgerne uno che, in qualche modo, sia stato assistito successivamente da fama planetaria, un premio ai giovani scrittori trova significato anche nell'operazione insita, ovvero nella promozione di quell'attività a basso costo e ad alta intensità che è la scrittura.
E qui giungo alla doglianza del caso. Edizione 2008, sezione Giovani: primo premio, andato accidentalmente a uno scrittore con la "o" finale, uomo-masculo, un gioiello "DoDo" Pomellato. Secondo premio, un mini Hi-Fi. Terzo, una bicicletta. Quarto una valigia trolley, quinto e sesto una macchina fotografica, forse digitale forse no.
Ora, vivaddio: sebbene - ne sono conscio - sia sempre possibile rivendere un oggetto per ottenere un qualche grado di pecunia da reinvestire, non riesco proprio a comprendere un riconoscimento offerto a giovani scrittori che si manifesta in gioielli, valigie o amenità da anziani-che-cercano-un-regalo-giovane. Un tipo di gratificazione nord-imprenditoriale, immagino. E orrendamente paternalista, roba da tirargli il "DoDo" in testa.
Di certo, non riesco a immaginare la faccia del vincitore di quest'anno (sempre con la "o" finale) mentre riceve un gioiello "DoDo" Pomellato a testimonianza del suo valore e del suo sforzo come giovane scrittore. Dico io, una penna, tre risme di carta, un computer portatile, un'enciclopedia, sei dizionari, un abbonamento a una rivista del settore, una serata con Marco Lodoli, insomma non era possibile trovare qualcosa di più consono, inerente e utile? Anche una bella busta con la grana contante, forse, poteva andare, con l'invito - ovvio - a non berseli (risata dei bacucchi premiatori tutto attorno). No, invece no: un gioiello, uno stereo, una valigia. Il che, tradotto, significa grossomodo: scrivete per guadagnare e, se vi riesce, quando avrete via qualche soldino, compratevi un gioiello, uno stereo, una valigia ancora più grossi. Scrivere è un grazioso passatempo e, come tale, degno di ricompense voluttuarie. Per il lavoro vero, suonare i campanelli dei capannoni in Brianza.

 
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