domenica 16 dicembre 2007

Tutti a casa?

giudizio: domani è un altro giorno? si vedrà...
Esco di casa con in mano il mio sacchetto delle scovaze (quelle che a Milano chiamate rumenta, e a Bologna rusco). Già da lontano noto che dal bottino (da entrambi i bottini) non solo le scovaze debordano, impedendo al coperchio di chiudersi, ma che sacchetti e immondizie varie sono indecentemente sparsi per terra, lasciando supporre che i bottini medesimi non fossero più materialmente in grado di contenerli.
Sposto un po' il coperchio per guardarci dentro (c'è la barra-pedale, schifiltosa come sono non devo neanche sporcarmi le mani): la metà posteriore del contenitore è completamente vuota.
Non un minuscolo anfratto di difficile accesso; esattamente metà del bottino. Basta allungare il braccino con il sacchettino di forse 20 cm., e la vostra monnezza va a depositarsi sul fondo del bidone, come vi conferma il relativo piccolo tonfo.(Succede a occhio e croce due volte su tre, da quando -più di 4 anni- utilizzo i suddetti bottini).
Devo prendere l'autobus. Meglio forse usare il condizionale, perchè la mia intenzione ha un esito tutt'altro che scontato. Infatti la parte centrale del bus che arriva alla fermata si potrebbe perfino definirla semivuota, ma l'anteriore e la posteriore, quelle utili per la salita, per intenderci, sono compresse fino all'inverosimile di gente schiacciata che le sardine in scatola al confronto avrebbero spazio per scatenarsi in un rock and roll.
Le porte si aprono, e non succede assolutamente niente. Le supersardine non possono muoversi di un centimetro, mentre l'ariosa parte centrale del bus resta aristocraticamente e distrattamente inconsapevole di quel che succede due-tre metri più avanti e due-tre metri più indietro di lei. Nessuno dice niente; neanche l'autista. Che dopo non aver caricato a bordo nessuno dei tre-quattro aspiranti passeggeri avvicinatisi a ciascuna delle due porte, riparte alla guida del suo autobus con la parte centrale che si potrebbe tranquillamente continuare perfino a definire semivuota (incosciente declinazione autoferrotranviaria della banalità del male..?).
Per sbollire mi avvio a piedi, camminando in linea retta lungo la parte destra di un largo marciapiede. Una donna appena più giovane di me, non so da dove come e perchè, andando in diagonale mi punta dritta addosso. Io non mi fermo (perchè dovrei?) e lei arriva a un nanosecondo dall'impatto per fermarsi infine, ma assolutamente con l'aria di chi l'ha fatto del tutto utilitaristicamente, nient'altro che per preservare se stessa da un danno. Puro istinto animale. Come se un accenno o anche solo uno sguardo di scuse nei miei confronti fosse possibilità del tutto ignota, e quindi profondamente ignorata.
E anche questo, non è la prima volta che succede. E' solo l'ultima (e ogni volta mi chiedo cosa accadrebbe in macchina, se ancora ne avessi una ...).
La domanda, quella terra terra, di primo livello per così dire, sul perchè il mondo si è ridotto come si è ridotto, sto smettendo di farmela. Quasi quasi anzi a volte sto per chiedermi come faccia, tutto sommato, ad andare persino così bene.

4 commenti:

gnappolo ha detto...

Io ricordo l'informale civiltà venexiana, ove gli spazzini passano a rititare le scoasse "porta-a-porta" (cfr. rai1 h23) alle 8 del mattino, urlando a squarciagola "Spazziii-noooo!". Scioccante. E dove, quando sali sul vaporino, il "marinaio" (detto anche ormeggiatore) urla "un passo avanti in cabina!" per evitare l'intasamento della zona davanti alle porte lasciando deserto l'interno. E ricordo che a Bologna se metti male il rusco nel cassonetto o lasci cadere la cartaccia fuori dal cestino, qualcuno (magari il tuo vicino di casa) te lo fa gentilmente notare, e scusi sa ma non le dispiace metterla meglio, che se no si fa la pussa?
A volte basta un sorriso. Dove questo non basta, magari un urlo. Ma che il civilissimo silenzio sia il peggiore dei mali...

siu ha detto...

Io mi sono fatta una personale e
opinabilissima idea, sull'imprinting dei luoghi, e cioè che -come articolati e più o meno tentacolari animali- si portino dietro, per sempre, il carattere della loro genesi.
Un esempio: Berlino. Nei cui abitanti ho incontrato un tasso di disponibilità e di gentilezza da far riconciliare col mondo. E allora mi sono detta che forse non è un caso, se il primo insediamento berlinese risale a un gruppo di ugonotti scampati alla notte di S. Bartolomeo: arrivati in quella che pare fosse una plaga paludosa e inospitale, grati che
-forse anche per quello- nessuno più li scacciasse o li minacciasse. Sicchè vi si stabilirono, felici anche solo di poter sopravvivere.
Altro esempio: indovinate un po'...
Trieste è passata da poche migliaia a qualcosa come 60.000 abitanti, dopo che nel 1719 Carlo VI l'ha decretata porto franco. E allora chi ci si è fiondato? Già ricchi e ben pasciuti commercianti e trafficanti di ogni specie, con l'unica mira di fare ancora più affari, e diventare ancora più ricchi (provvedimento ufficiale diede una mano ulteriore, stabilendo che si chiudessero entrambi gli occhi su avanzi di galera e altri bei tipetti, che da ogni dove non facevano in tempo ad arrivare, e già avevano un lavoro).
Se poi la Berlino in embrione era una triste palude, Trieste da sempre è un luogo baciato dalla natura tanto è strepitosamente piacevole, col mare e il Carso praticamente attaccati... E questo credo sia il secondo corno dell'imprinting: quanto più un luogo è bello, tanto più i suoi abitanti se ne fregano di tutto, mentre quanto più è inospitale, tanto più bisogna brigare, e inventarsi qualcos'altro.
Chissà se farnetico, o c'è del vero in quello che dico...
Un dubbio finale, emanazione diretta del mio senile disincanto: o gnappolo, siamo sicuri che l'ormeggiatore veneziano non si chiuderebbe in un indifferente silenzio, se solo la zona davanti alle porte non corrispondesse esattamente al luogo delle sue peraltro non facili e continuamente ripetute manovre?

trivigante ha detto...

Per carattere, mi trovo su posizioni più simili a quelle di siu, sconcerto e incazzatura, qui nella profonda padania se sorridi e fai gentilmente notare nel migliore dei casi vieni osservato alla "azzovuoi?".
Al riguardo, suggerisco una lettura illuminante: il rapporto Censis 2007 (basta la registrazione).
Non badate alle sintesi del cacchio dei giornali, nessuno legge queste cose davvero; invece De Rita è proprio bravo e coglie il punto.
Dopo la lettura, amerete di più i vostri congiunti.

gnappolo ha detto...

Anche i Veneziani erano abituati a dover lottare per mantere intatto il loro ambiente di vita poco ospitale... ma a vederli oggi sono zotici poco più intelligenti di un babbuino, chiusi e intolleranti verso quel resto del mondo che ne ha fatto e ne sta facendo la fortuna...
I Bolognesi al contrario sono sempre meno, e sempre minori sono le possibilità di "autoregolamentazione" di vicinato in città. Il silenzio aumenta anche qua, non crediate che sia monopolio lombardo...

 
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